Se muor d’amore qualche giovinetta
Nella selva ogni notte la tregenda
Viene a danzare, e il traditor vi aspetta;
Poi, se l’incontra, con lui danza e ride
Insieme alle compagne, indi l’uccide
Pochi versi – fra pathos e leggenda – per riassumere il cuore de Le Villi, l’opera d’esordio di Giacomo Puccini (la produzione in scena a Spessa è un omaggio del Festival nel centenario della morte del compositore), la cui prima rappresentazione, avvenuta al Teatro dal Verme di Milano, è datata 31 maggio 1884.
Da poco diplomato, il giovane Puccini fa proprio il libretto di Ferdinando Fontana – intellettuale e letterato della “Scapigliatura” – che si ispira alla leggenda centro europea di quelle creature magiche, soggetti fantastici, streghe immaginifiche, animate dall’ardente e spietato fuoco della vendetta.
Nata come opera-balletto in un unico atto (poiché così richiedeva il concorso Sonzogno, al quale l’opera partecipò, senza successo), Le Villi trovò poi l’attuale corpus bipartito, scandito da movimenti sinfonici magniloquenti e da narrazioni musicali che accolgono tutta la foga espressiva e l’enfasi della giovane età del compositore; l’opera propone, tuttavia, un pensiero orchestrale già maturo e rivoluzionario, tanto da valere al neofita Puccini l’assunzione nell’autorevole scuderia Ricordi.
La fiaba che ispira il libretto ha il primo antecedente in musica nel balletto Giselle di Adolphe Adam (Parigi, 1841) e della danza mantiene i ritmi molto scanditi e le caratterizzazioni stentoree dei personaggi.
Protagonisti dell’opera sono la giovane Anna (soprano), il suo innamorato Roberto (tenore) e il padre di lei, Guglielmo (baritono). Roberto si allontana da Anna e la tradisce, per poi ritornare dalla giovane, nel frattempo morta dal dolore per il presunto tradimento. Il padre, voce saggia e tormentata, commenta la vicenda con cupa consapevolezza. Roberto alla fine diviene preda delle minacciose Villi che lo assalgono, lo circondano in un rutilante rituale, costringendolo a danzare in un vortice irrefrenabile, tanto da stremarlo e lasciarlo senza vita.
Lo stile musicale è di straordinaria immediatezza e coinvolgimento; il sinfonismo pucciniano è già in embrione e svela la prima, forte scelta stilistica del compositore in ambito orchestrale, che lo accompagnerà per tutta la carriera.; le armonie, i fraseggi, i contrasti ritmici sono tesissimi e l’accostamento tra sensualità e vendetta è affascinante quando non travolgente.
Le voci sono chiamate a una prova importante per il corpo vocale – già ampiamente pucciniano per sonorità e pienezza – per intensità interpretativa e per il confronto con l’ampio spiegamento di strumentisti e il rinforzo timbrico affidato a legni e percussioni.
Il viaggio de Le Villi accompagna l’uditorio in una sorta di mondo “fantasy”: l’allestimento nello spazio open air del teatro di verzura, tra le colline e il cielo, tra i profumi del verde e l’aria che sfiora la pelle, mette il pubblico al centro di una fiaba inquieta e vibrante.